In un nuovo articolo del Dr. Bjorn Lomborg, ambientalista e professore associato alla Copenhagen Business School, nonché direttore del Copenhagen Consensus Center, pubblicato sulla rivista “Global Policy”, viene misurato il reale impatto di tutte le proposte climatiche significative che sono state fatte per il summit sul clima di Parigi.

I governi hanno pubblicamente delineato i loro impegni post 2020 per la conferenza. Queste promesse sono note come INDCs (Intended Nationality Determined Contributions).

La ricerca del dr. Lomborg rivela che:

1.       L’impatto climatico di tutti propositi per il summit è minuscolo: se misuriamo l’impatto nell’ipotesi che ogni nazione rispetti tutte le proposte fatte per il 2030, la riduzione di temperatura totale si assesterà a 0,048°C per il 2100.

2.       Assumendo che questi impegni vengano estesi per altri 70 anni, e che nessuna nazione al di fuori del patto immetta ulteriore CO2, il risultato è ancora minimo: ci assestiamo ad uno 0,17°C per la fine del secolo.

3.       L’impegno prolungato statunitense, nelle circostanze più ottimistiche, potrà ridurre le temperature di 0,031°C per il 2100.

4.       L’impegno dell’Unione Europea invece porterà un contributo di 0,053°C.

5.       Per la Cina il contributo è stimato in 0,048°C.

6.       Per il resto del mondo di 0,036°C.

Il commento del dr. Lomborg:

“Il summit di Parigi è venduto al pubblico come l’incontro che può guarire il pianeta e salvare il mondo. Ma non è niente di tutto questo. Se tutte le nazioni mantengono i loro impegni, le temperature saranno taglaite di 0,05°C. Se ogni governo, oltre a mantenere le promesse fatte, riducendo le emissioni per il 2030, continua queste riduzioni per tutto il secolo fino al 2100, allora avremo recuperato solo uno 0,17°C per la fine del secolo.”

Per ridurre le temperature di 2,7°C (l’aumento previsto dai modelli attuali), bisogna tagliare l’emissione di CO2 di ben 3000 miliardi di tonnellate, mentre Parigi ne prevede circa 30: